[…] Una manifestazione di questi tempi si lancia dalla rete telematica, per la sua riuscita, come per il suo fallimento, è determinante il rilancio che ne fanno la televisione e i giornali. In pratica è decisiva la relazione che ha con il potere.
Nella nostra società se i media non parlano di te sembra che tu non esista, si è spostato sulla televisione e sui giornali un sentimento che le donne conoscono bene e che hanno combattuto con il femminismo: non far dipendere la propria esistenza dallo sguardo dell’altro. Questo principio vale nella vita, vale in politica, praticarlo richiede un forte senso di sé, richiede titolarità sulle proprie idee, sulle proprie azioni, sulle proprie parole. Non farsi definire dallo sguardo dell’altro equivale a depotenziarlo.
Il partire da sé è stato un processo lungo e coraggioso, ha voluto dire ricongiungere la parola all’esperienza e su questa pratica sono nate relazioni e si sono costruiti spazi politici. E tutte ci siamo sentite responsabili, degli spazi e delle parole. Di questi tempi capita frequentemente che si prenda la parola con facilità, perché si è più colte e più istruite, perché il femminismo è diventato una tematica, materia di studio. Sempre più spesso negli spazi politici delle donne un eccesso di parole rivela lo scarto tra come una donna si rappresenta e la sua reale esperienza. Il rischio è non saper più distinguere cosa è personale e quindi politico e cosa è privato ed è bene che rimanga tale. Imparare come si tesse una narrazione collettiva è un modo per imparare a fare politica andando oltre una generica presa di parola slegata dell’esperienza. […]
Pesa la riproposizione di azioni politiche modellate sul passato, con lo sguardo rivolto indietro.
Pina Nuzzo
da Noi dell’Udi noi con le Donne, Roma, 21 giugno 2011
https://scrittiperamoreperdisciplina.com/documenti/xv-congresso-2011/noidelludi-noi-con-le-donne/