Carissime,

ad un mese dall’avvio della raccolta, possiamo fare un primo bilancio sia in termini di firme vere e proprie che di risposta da parte delle donne.

Dalla fine di maggio la Sede nazionale dell’Udi si è trasformata in un ufficio pacchi, deposito materiali, pause pranzo sullo stesso tavolo su cui facciamo i pacchi  e una riunione ogni mattina per fare il punto, per confrontarci tra noi e per sostenerci a vicenda. Sono tante le donne che telefonano per chiedere di partecipare alla raccolta delle firme, basta vedere sul sito la mappa dei Centri che si allunga giorno per giorno.

I Centri di raccolta sono il cuore, non solo organizzativo, della campagna 50E50 perché, oltre a essere quelli che materialmente raccolgono le firme, rappresentano nello spazio pubblico la qualità della nostra iniziativa.

Di questa rappresentazione siamo tutte responsabili, chiediamo perciò di averne cura perché ognuna è staffetta di questa marcia  50E50.  Deve essere evidente, fin dalla prima occhiata, che il “tavolino” su cui si raccolgono le firme non pende né a destra né a sinistra ma sta sui propri piedi, quelli delle donne. Abbiamo apprezzato la richiesta di adesione di alcuni partiti alla nostra iniziativa, ma non possiamo non sottolineare che essi hanno già strumenti predisposti e adeguati per modificare la situazione. E apprezziamo anche quanti, più lungimiranti, avevano già fatto proprio il 50E50 nelle sue linee essenziali.

Tutto questo però è altro rispetto ai gesti autentici, costanti e appropriati al ruolo che qualunque istituzione ha a sua disposizione.

Noi  guardiamo in modo più complessivo alla realtà del nostro Paese dove, in troppe cose, si è disponibili a parole e renitenti nei fatti. Anche per questo, per evitare fraintendimenti e soprattutto invadenze indebite e situazioni incresciose si è deciso – con una decisione che non ammette deroghe, né aggiustamenti locali – che non possono far parte dei Centri di Raccolta né sigle di partito, né uomini in ruoli di responsabilità o di adesione sbandierata.

Infine, le donne iscritte ad un partito vi partecipano con il proprio nome e cognome, prima dell’eventuale sigla. Se questo a qualcuna appare come “un eccesso di separatismo” sento di poter dire che il separatismo non è mai né poco né troppo, semplicemente è.

Concludo con un pensiero particolare a quante, magari sole e magari da un paesino sperduto e lontano ci hanno scritto con passione mista a lieve scoramento, dicendoci: come faccio? ce la farò? Vorrei dire a queste donne che le stesse domande ce le siamo fatte e continuiamo a farcele  noi tutte. E che insieme, sì, ce la faremo!

Pina Nuzzo

Roma 25 giugno 2007

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