L’hanno suggerita le donne che telefonavano alla sede nazionale dell’Udi chiedendo aiuto. Parlando con loro ho capito che non bastava indirizzarle o accompagnarle presso i Centri antiviolenza o le questure, occorreva rompere il senso di solitudine che imprigiona ogni donna che subisce violenza. Era necessario inventare qualcosa – un pretesto – per conoscere le donne che vivono nei piccoli centri, in provincia e potevamo farlo coinvolgendo le associazioni e i gruppi attivi in tutta l’Italia. Ne ho parlato con il gruppo di giovani donne con cui condividevo la gestione quotidiana della Sede nazionale dell’Udi e dell’Archivio centrale, alcune di loro si erano già impegnate nella Campagna 50E50. Ci siamo sedute intorno al tavolo e abbiamo cominciato a discutere. A me piaceva l’idea di una staffetta, ma mi hanno detto subito no alla “staffetta rosa” o comunque connotata dall’idea del “rosa”. Ma eravamo d’accordo sulla sua durata: un anno. Dal 25 novembre 2008 al 25 novembre 2009.
Nel settembre del 2008 ho presentato il progetto all’Autoconvocazione nazionale dell’Udi che lo ha approvato e accolto. Ci siamo messe subito al lavoro per definire il calendario, il percorso attraverso le regioni. In ottobre l’annuncio ufficiale e la richiesta alle donne interessate di dare la loro disponibilità. All’inizio del mese di novembre le adesioni sono già tantissime e cresceranno.
Ho scritto tanto per la Staffetta: documenti, volantini, appunti di viaggio, commenti… oggi non saprei dire meglio di come ho già fatto cosa ha voluto dire quell’anno per tantissime donne, me compresa. A Staffetta ormai conclusa scrivo: “abbiamo dato e avuto credito, siamo andate ovunque in modo aperto e chiaro e trovato disponibilità e ascolto. Lo abbiamo fatto a partire da un pensiero: che la violenza sessuata e il femminicidio si possano sconfiggere ed eliminare dalle relazioni tra i generi. Abbiamo fatto spazio ad un pensiero ardito e chiesto alle donne di manifestare la libertà femminile in tutte le sue forme.
E’ stata questo la Staffetta di donne contro la violenza sulle donne.
Quando abbiamo cominciato ad immaginare una partenza e un arrivo i nomi di Lorena ed Hiina si sono fatti strada da soli, poi abbiamo stabilito un tempo, un anno, poi un’ agenda e via via le parole per comunicare l’evento, i simboli, i segni, le immagini.
Dalla Sicilia alla Sardegna, dal sud al nord, tantissime donne hanno realizzato occasioni con l’intento di mettere distanza tra colui che picchia stupra impaurisce e la rappresentazione che potevano dare di sé e del proprio impegno politico e sociale. Per dare e per darsi il coraggio di denunciare.
Ci siamo incontrate e ascoltate, abbiamo voluto che le istituzioni ci incontrassero e ci ascoltassero in una molteplicità di progetti difficile da riassumere e da descrivere in breve. Un ruolo fondamentale lo ha avuto l’Anfora testimone della Staffetta, questo oggetto è stato immediatamente percepito dalle donne come il medium per dirsi. Gli infiniti modi che sono state capaci di inventare nell’accoglierla sono andati oltre le poche regole che ci eravamo date, sono diventati dei veri e propri riti.
Le donne che hanno partecipato alla Staffetta, non solo ci hanno preso in parola, ma hanno arricchito questa consegna con gesti riconducibili alle tradizioni del luogo, a volte arcaici, cosa stupefacente soprattutto nei corpi e nelle movenze di giovani donne, a volte moderni, suggeriti dalla televisione o dalle nuove forme di comunicazione.
Tanti i video realizzati, tante le rappresentazioni teatrali, tante le gare sportive, tanti i concerti di ragazze e di ragazzi perché tante sono state le scuole in cui l’Anfora è passata. La Staffetta è stato atto creativo e vitale che ha tessuto una nuova trama di relazioni per contrastare la devastazione e la distruzione che la violenza contro le donne produce.
La Manifestazione nazionale del 21 novembre 2009 a Brescia è stato il momento collettivo più alto di questa creatività.
A Brescia eravamo davvero in tante ed eravamo solo una parte di quelle che avevano seguito la Staffetta per un intero anno, se ci fossimo state tutte la piazza non sarebbe stata sufficiente. A Brescia ogni gruppo, centro antiviolenza, associazione ha portato i suoi striscioni, le sue magliette, i suoi berretti, le sue sciarpe, i suoi fazzoletti colorati, insomma tutto quello che l’inventiva delle donne era riuscita a produrre ogni volta che l’Anfora aveva attraversato un paese, una città, un piccolo comune. Perfino anfore in miniatura.
In piazza c’erano le bandiere Stop al Femminicidio e le nostre parole contro la violenza sessuata. In piazza c’erano donne venute da ogni parte d’Italia, qualcuna anche dall’estero, a proprie spese e con mezzi propri. C’erano anche le donne disabili che molto spesso sono vittime dimenticate della violenza.
Abbiamo riempito Piazza della Loggia, ma non abbiamo dato i numeri, come di solito accade per le manifestazioni.
Quante eravamo? Tante, oltre ogni aspettativa.
Come eravamo? Belle, come possono esserlo donne che partono da sé, dal presente, dal tempo che stanno vivendo e da quello che sono diventate: donne capaci di assumere la propria libertà.
Come è accaduto? Abbiamo vissuto un’ esperienza unica, carica di emozioni, che ha richiesto una tenuta politica di cui siamo state tutte protagoniste e responsabili.
Pina Nuzzo