ottomarzo, la nostra passione

Alle studentesse del seminario “Coscienza di sé e responsabilità collettiva”.

Capita un po’ a tutte, in questo giorno, di vedersi offrire le mimose.
C’è chi si infastidisce, chi con un po’ di ironia, ringrazia.
A qualcuna fa piacere.

In ogni caso, l’8 marzo è la nostra passione: per chi si appassiona e per chi lo patisce; per chi lo ritiene ormai superato e per chi lo vorrebbe ancora un giorno di lotta.

Questa giornata, piaccia o no, è una delle poche, se non l’unica, imposta dalle donne. Conoscerne la storia, consente di collocarla nel tempo che stiamo vivendo. Prima dell’interpretazione, prima della sociologia sul ‘fenomeno’ femminismo.

E vorrei spendere qualche parola su questo prima; perché non è solo un prima storico, di chi viene prima, di ciò che è stato fatto prima. Ciò che sta prima è la politica, quale luogo simbolico, contesto in cui mettere distanza tra sé e la propria esperienza per farne parola alle altre. Politica quale desiderio/bisogno di esistere come soggetto collettivo che spinge a inventare strategie, tessere rapporti, amministrare energie.

Il prima, quindi, dà conto della politica e del pensiero delle donne anche per l’oggi, e accorcia le distanze tra noi, anche quelle generazionali, in quanto non sta ad indicare una maggiore esperienza, che pure esiste, ma la scoperta, dentro di sé, di quel desiderio originale di esistere ed avere autorevolezza come genere femminile. Se così non fosse, dovremmo credere veramente che le ventenni di allora sono state un fenomeno e che a quelle di oggi non rimane che lo studio di quel fenomeno, e, forse, il rimpianto di non avere vissuto una stagione straordinaria ed irripetibile.
Avverto in questo il rischio di una nuova forma di schizofrenia, come se da una parte tutto quello che era possibile fare (anche troppo dice qualcuna) è stato fatto, e oggi si trattasse solo di interpretare, sistematizzare, inscatolare i desideri delle donne o nella politica dei diritti o nella filosofia.

Sapendo, nel proprio intimo, che così non è, avvertendo questo scarto, si può essere prese dallo sconforto, e ricadere in un senso di onnipotenza, o nell’insignificanza, immaginare che tutto è possibile o disperarsi perché niente è possibile.

La mia intenzione di evitare e di superare questo scarto mi ha portato ad intrecciare i fili di una tradizione femminile che ha legami profondi con la storia di questa città. Attraverso i documenti, i volantini e i materiali dell’Archivio di Lecce vi mostro la mia storia passata ed il contesto attuale, il luogo politico che ha fatto da sostegno alla mia crescita politica, le donne – dell’Udi e del femminismo – che mi hanno ascoltato e consigliato. Il mio gesto e quel desiderio si sono incrociati con l’intuito di chi ha pensato il convegno FILOSOFIA DONNE FILOSOFIE e con Marisa Forcina che ha voluto questo seminario.

Pina Nuzzo

Lecce, 4 marzo 1992