La Staffetta si è conclusa. E adesso?

 di Pina Nuzzo 

 L’Udi chiude l’anno con un bilancio positivo, abbiamo dato e avuto credito, siamo andate ovunque in modo aperto e chiaro e trovato disponibilità e ascolto. Lo abbiamo fatto a partire da un pensiero: che la violenza sessuata e il femminicidio si possano sconfiggere ed eliminare dalle relazioni tra i generi.

Abbiamo fatto spazio ad un pensiero ardito e chiesto alle donne di manifestare la libertà femminile in tutte le sue forme.

E’ stata questo la Staffetta di donne contro la violenza sulle donne

Quando abbiamo cominciato  ad immaginare una partenza e ad un arrivo i nomi di Lorena ed Hiina si sono fatti strada da soli, poi abbiamo stabilito un tempo, un anno, poi pensato all’anfora come testimone, poi una agenda e via via le parole per comunicare l’evento, i simboli, i segni, le immagini.

Dalla Sicilia alla Sardegna, dal sud al nord, tantissime donne hanno realizzato occasioni  con l’intento di mettere distanza tra colui che picchia stupra impaurisce e la rappresentazione che potevano dare di sé e del proprio impegno politico e sociale.

Per dare e per darsi il coraggio di denunciare.

Ci siamo incontrate e ascoltate, abbiamo voluto che le istituzioni ci incontrassero e ci ascoltassero in una molteplicità di progetti difficile da riassumere e da descrivere in breve.

Un ruolo fondamentale lo ha avuto l’Anfora testimone della Staffetta, questo oggetto è stato immediatamente percepito dalle donne  come il medium per dirsi. Gli infiniti modi che sono state capaci di inventare nell’accoglierla sono andati  oltre le poche regole che ci eravamo date, sono diventati dei veri e propri riti.

Nell’ottobre 2008 nel documento che annunciava la Staffetta scrivevamo: Simbolo e testimone della Staffetta, che attraverserà l’Italia passando di mano in mano, è  un’anfora con due manici, così che la possano portare due donne. Questo gesto di “portare insieme” vuol proprio significare l’importanza della relazione, della solidarietà, della vicinanza tra noi su tutti i temi che ci toccano profondamente.

In ogni luogo in cui la Staffetta passerà, le due donne che l’hanno avuta in consegna la consegneranno ad altre due pubblicamente. Le donne che aderiscono alla Staffetta organizzeranno iniziative pubbliche, come dibattiti, mostre, seminari, proiezioni video.  L’anfora, al suo passaggio, diventerà una testimone “viva”, perché le donne potranno infilarvi un biglietto con pensieri, immagini, denunce, parole.

Le donne che hanno partecipato alla Staffetta, non solo ci hanno preso in parola, ma hanno arricchito questa consegna con gesti riconducibili alle tradizioni del luogo, a volte arcaici, cosa stupefacente soprattutto nei corpi e nelle movenze di giovani donne, a volte moderni, suggeriti dalla televisione o dalle nuove forme di comunicazione. Tanti i video realizzati, tante le rappresentazioni teatrali, tante le gare sportive, tanti i concerti di ragazze e di ragazzi perché tante sono state le scuole in cui l’Anfora è passata.

 La Staffetta è stato atto creativo e vitale che ha tessuto una nuova trama di relazioni  per  contrastare la devastazione e la distruzione che la violenza contro le donne produce.

La Manifestazione nazionale del 21 a Brescia è stato il momento collettivo più alto di questa creatività.

A Brescia eravamo davvero in tante ed eravamo solo una parte di quelle che avevano seguito la Staffetta per un intero anno, se ci fossimo state tutte la piazza non sarebbe stata sufficiente. A Brescia ogni gruppo, centro antiviolenza, associazione ha portato i suoi striscioni, le sue magliette, i suoi berretti, le sue sciarpe, i suoi fazzoletti colorati, insomma tutto quello che l’inventiva delle donne era riuscita a produrre ogni volta che l’Anfora aveva attraversato un paese, una città, un piccolo comune. Perfino anfore in miniatura.

In piazza c’erano le bandiere Stop al Femminicidio e le nostre parole contro la violenza sessuata. In piazza c’erano donne venute da ogni parte d’Italia, qualcuna anche dall’estero, a proprie spese e con mezzi propri. C’erano anche le donne disabili che molto spesso sono vittime dimenticate della violenza.

Abbiamo riempito Piazza della Loggia, ma non abbiamo dato i numeri, come di solito accade per le manifestazioni.

Quante eravamo? Tante, oltre ogni aspettativa.

Come eravamo? Belle, come possono esserlo donne che partono da sé, dal presente, dal tempo che stanno vivendo e da quello che sono diventate: donne capaci di assumere la propria libertà.

Come è accaduto? Abbiamo vissuto un’ esperienza unica, carica di emozioni, che ha richiesto una tenuta politica di cui siamo state tutte protagoniste e responsabili.

Grazie anche all’impegno e alla responsabilità agite fin da subito dalle Portastaffette – nazionali e regionali – che hanno avuto una funzione fondamentale per la riuscita della Staffetta, sia sul territorio che per l’immagine nazionale che si andava costruendo. Non è stato facile, ma nei momenti di difficoltà hanno sempre prevalso le ragioni del progetto comune.

E sono davvero migliaia le donne a cui dire grazie: alle Associazioni, ai Centri antiviolenza e alle singole che hanno aderito alla Staffetta; alle donne delle istituzioni che ci hanno sostenuto e permesso l’accesso in luoghi rappresentativi dei comuni, delle province delle regioni; alle donne – ma anche agli uomini e sono stati tanti – che ci hanno fatto entrare nelle scuole, nelle carceri, negli ospedali, nei pronto soccorso, nelle questure.

Grazie a quante hanno messo a disposizione la loro professionalità – artiste, fotografe, grafiche, pubblicitarie – per produrre gratuitamente i materiali e a chi ha realizzato e aggiornato il Sito che rimarrà aperto per diventare un archivio permanente.

Grazie a chi ha aperto il profilo su Facebook e ne ha seguito con tenacia gli sviluppi.

Grazie a chi con pazienza ha trascritto l’enorme quantità di messaggi raccolti nell’Anfora, e non ha ancora finito.

Grazie alle donne dell’Udi tutte per essere state capaci di mettere a disposizione delle altre sapere e tradizione per realizzare una politica dalle forme inedite.

E adesso? Adesso bisogna concludere anche in modo formale per fare spazio e per poter ripartire, consapevoli che i cambiamenti non avvengono solo con le leggi, lo sappiamo noi dell’Udi per lunga esperienza, ma con iniziative come questa che avviano nuovi processi politici e culturali.

L’Anfora è tornata da Brescia nella Sede nazionale dell’Udi molto più pesante di quando è partita per Niscemi, è tornata gravida di aspettative, di attese, di domande. L’Udi nell’Assemblea autoconvocata del 30-31 gennaio 2010 troverà una risposta che sia come sempre aperta a quante lo vorranno.

Cercherà i tempi e i modi per una proposta da condividere nell’anno che si apre. Auguri a tutte.

Roma 18 dicembre 2009