…poi le nostre parole

Alla Delegata sede nazionale udi
Alle Portastaffetta nazionali

Carissime, questa è una breve nota sulla mia partecipazione all’accoglienza della staffetta in Friuli Venezia Giulia nei giorni 29 – 30 agosto. Con Zanette proveniente da Roma con l’anfora, ci siamo incontrate la sera del 28 sul treno Bologna-Trieste. Con nostra sorpresa abbiamo trovato ad accoglierci a mezzanotte al nostro arrivo a Trieste in una stazione completamente deserta, tre donne dell’Udi sorridenti: Marina, Luciana e Flavia. La serata calda ha favorito una bella chiacchierata sul mare davanti a bibite fresche. E’ stato un bel modo per conoscerci e per uno scambio di opinioni su come condurre la conferenza stampa del giorno dopo.

29 agosto
Siamo arrivate in stazione nel nuovo atrio Piramide adiacente alla libreria luogo fissato per la conferenza stampa, visibile e aperto anche a chi sosta brevemente. Zanette e le sue compagne sono state brave a pensare a tutto, persino alle piantine di peperoncini coloratissimi per abbellire il tavolo. Le donne sono arrivate numerose, abbiamo aggiunto sedie e poi la stampa: giornalisti, tv e fotografo. La Rai ha fatto un servizio con intervista alla sottoscritta, le amiche di Trieste hanno voluto dare risalto alla partecipazione nella mia persona dell’Udi nazionale. Poi tutto è filato liscio come l’olio senza sbavature. Mi preme segnalare la partecipazione e cordialità della presidente della provincia di Trieste Maria Teresa Bassa Poropat che ha creduto nel nostro progetto staffetta e che nel suo territorio lo sostiene fattivamente. Con Zanette abbiamo presentato l’anfora accolta da applausi e dalla curiosità dei giornalisti. Poi la portastaffetta regionale ha svolto molto bene il suo compito con competenza, garbo e misura doti che la caratterizzano.

Nel mio intervento ho sottolineato la funzione storica dell’Udi in tema di violenza e la tipicità della nostra associazione di essere fin dalla sua nascita, ancorata alla realtà e al vissuto delle donne e che proprio questo è il nostro punto di forza. Mi sono soffermata sulle battaglie passate (le 350000 firme per cambiare una legge che era vergognosa e offensiva della dignità delle donne) perché ritengo sia importante in taluni contesti ricordare da dove veniamo- soprattutto quando vi sono delle giovani ad ascoltare-. e che su questa piaga non siamo all’anno zero proprio perché le associazioni come la nostra, i centri antiviolenza, ecc si sono spesi per anni con generosità e competenza colmando anche dei vuoti che sono di altri.

Ho richiamato l’esigenza di oggi di poter agire ognuna nell’ambito delle nostre singole responsabilità e di utilizzare tutti gli strumenti disponibili (dalla legislazione ai servizi). Alle istituzioni chiediamo di saper cogliere e aprirsi a confronti ,cambiamenti che le donne chiedono con la staffetta. La nostra anfora è portatrice di pensieri di donne non rassegnate, non deboli, di donne che vogliono essere libere e cittadine a tutti gli effetti, l’anfora ci consegna un forte valore collettivo di cui si deve tenere conto.

Ho ripreso le motivazioni del 50E50 e di come la questione donne e luoghi decisionali sia strettamente correlata a questa campagna. Ho ripreso il concetto che la staffetta è portatrice di unità fra le donne nel rispetto delle nostre diversità e autonomie e dei differenti percorsi e che le modalità che abbiamo messo in campo sono inedite e che le donne ne hanno colto la novità e la portata. Che stiamo dando gambe ad un obiettivo comune.

Poi le nostre parole e perché: femminicidio e violenza sessuata

Non mi stanco di ripetere che la violenza è affare di tutti e di tutte e che nessuno deve tirarsi fuori e che per contrastarla occorre un impegno collettivo in tutte le direzioni a cominciare da quello culturale (puntiamo sulle giovani generazioni, la scuola può essere molto recettiva, ecc, ecc)- lavoriamo insieme per prevenire e non dover restare al palo della continua emergenza.
Vogliamo una effettiva convivenza fra donne e uomini. Ho ricordato che sono trascorsi 35 anni dal diritto di famiglia e la nostra società non ne ha ancora compiutamente recepito il valore positivo e sono tuttora le donne a pagarne le conseguenze perché è questa una violenza che si consuma fra le mura domestiche e proviene dalle persone che ci sono più vicine. Mi sono soffermata sul filo, apparentemente invisibile, che con la staffetta unisce il sud al nord del nostro paese perché la violenza non ha confini né territorialità e si manifesta con le medesime dinamiche e brutalità. Ho invitato tutte, in primo luogo la Presidente della Provincia ad essere con noi a Brescia che consideriamo la tappa conclusiva di questa prima fase della staffetta.

30 agosto
Alle ore 11 a Capodistria abbiamo raggiunto l’elegante e storico palazzo nobiliare sede della Comunità degli Italiani e qui l’accoglienza è stata bella con quel clima e modi che solo le donne sanno creare. All’appuntamento abbiamo trovato giornalisti e rai tv di Capodistristra che ha intervistato la sottoscritta. Con domande focalizzate sui dati del fenomeno violenza..

Qui il passaggio del testimone è stato particolarmente commovente e significativo fra madre e figlia: Clio e Ondina hanno accolto nelle loro mani l’anfora ed inserito un messaggio delle donne italiane di Capodistria.
In rappresentanza del comune l’assessora Mirjam..(mi sfugge il cognome) il cui saluto è stato caloroso e ho colto nelle sue parole la sincera consapevolezza di essere partecipe di un evento unico. La signora Isabella Flego, presidente del Poem (pari opportunità) ha portato i dati del fenomeno in Slovenia e l’esigenza sentita da tutte di essere informate per essere aiutate: Ha particolarmente sottolineato come i dati in loro possesso (peraltro molto significativi per l’alto numero di denunce che rapportato al numero di abitanti risultano il doppio, ad esempio, della realtà della mia regione l’Emilia Romagna) ci dicono che le donne non stanno più nel silenzio ma trovano la forza di uscire allo scoperto.

Nel mio intervento ho particolarmente ringraziato le donne che hanno consentito questa tappa dell’anfora fuori dal nostro territorio nazionale, opportunità unica nel progetto staffetta e che ci regala uno scambio ricco di spunti. Ho sottolineato che momenti come questi vanno nel solco della tradizione Udi che è da sempre aperta verso le altre donne provenienti da storie e mondi differenti. Tant’è che il nostro cambio di nome porta in se la nostra esigenza di aprirci, non avere timore dei cambiamenti poiché solo questa è la strada per farci crescere tutte. Ho ripreso anch’io alcune considerazioni sui dati del fenomeno poiché è da qui che occorre partire per proporre cambiamenti. Ci siamo lasciate con l’invito ad essere a Brescia, ho chiesto alla rappresentante del comune di farsi interprete presso la sua amministrazione per una loro partecipazione ufficiale. Ci siamo lasciate consapevoli tutte di avere costruito qualcosa, non lasciamolo cadere nel vuoto. Isabella Flego è donna autorevole e mi pare determinata, sarà interessante mantenere con lei scambi e soprattutto manifestare la nostra disponibilità ad aiutarla partendo dalle nostre esperienze.

Ester che ha condotto l’incontro è stata contenuta e tutte hanno avuto parole di apprezzamento

Carissime, è stata questa una tappa che personalmente ricorderò per la cordialità, il calore, e le coccole che le udine mi hanno riservato, e per le donne dell’Udi di ieri oramai anziane e traballanti ma ancora tanto vivaci, che mi hanno ricordato mia madre.
E’ stata anche una bella esperienza turistica-cultural-culinaria…
Infine tenete presente che tutte hanno fatto i salti mortali per organizzare e realizzare il programma staffetta previsto in un mese l’agosto irto di difficoltà per il tutto chiuso e non dimentichiamolo anche per il lungo viaggio di Zanette per il recupero della testimone. Ciao e un abbraccio, Katia Graziosi

Bologna 1 settembre 2009

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