dieci anni fa

 

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Sono passati dieci anni dalla Campagna 50E50…ovunque si decide promossa dall’Udi nel 2006. Quella Campagna  ha cambiato profondamente il linguaggio e fornito alle donne parole e strumenti per nominare la democrazia come progetto che le coinvolge e rispetta la differenza. Quella Campagna ha inteso riformulare il concetto di ‘pari opportunità’ che ha avuto origine nella politica delle donne e che voleva dire: dare l’opportunità alle donne di gareggiare alla pari; essere riconosciute per meriti e per competenze. Purtroppo, passando nella fase istituzionale, le “pari opportunità” hanno  perso il senso originario e sono diventate sinonimo di politica per le quote. Spesso terreno di scambio. Ogni tanto i partiti fanno un’operazione di restyling e le  ripropongono con parole nuove, prese in prestito, senza tuttavia intaccare il potere maschile e senza agevolare in maniera sensibile il protagonismo femminile.

Ciò genera volutamente confusione e rafforza quella rappresentazione del genere come minoranza discriminata e per questo bisognosa di tutela che in tante combattiamo da sempre.  Le donne nell’umanità non sono una minoranza da non discriminare, sono soggetti di una democrazia che va rinominata, che rimetta al centro merito ovunque e per tutti, maschi e femmine. In ragione di quanto ho appena ricordato, l’Udi che ha promosso quel 50E50 coinvolgendo migliaia di donne, non avrebbe mai potuto chiedere posti in automatico. Ha invece chiesto con forza e a chiare lettere di non penalizzare le donne solo perché donne e solo perché potenziali madri. E’ noto che quando le donne partecipano ai concorsi pubblici si collocano, spesso, ai primi posti.

Non a caso i politici più accorti, quelli che hanno un contatto più diretto con la cittadinanza, hanno cambiato velocemente il modo di fare campagna elettorale; i candidati degli enti locali sono stati i primi a promettere e poi realizzare, una volta eletti, giunte paritarie. E’ storia di oggi un Governo nato 50E50. Comunque la si pensi, quella Campagna che l’Udi ha voluto nell’ormai lontano 2006, ha segnato una svolta, un punto di non ritorno.

Singolare che proprio l’Udi, nell’anno in cui celebra il Settantesimo e il XVI Congresso, non abbia avvertito l’urgenza di una riflessione nel merito.

Pina Nuzzo

PROMEMORIA

“La libertà comporta responsabilità e esposizione, usciamo dall’equivoco di pensare che altri faranno per noi, organizziamo la nostra politica. Un nuovo equilibrio della rappresentanza non ci sarà senza una nuova e decisa lotta delle donne, singolare e collettiva.” Questo scriveva nel 2006 il  Coordinamento nazionale dell’Udi in vista delle elezioni politiche di aprile e con una lettera a Prodi sollecitava  l’Unione a esprimersi sulla rappresentanza. Ovviamente non ci fu mai una risposta. Prodi vinse di stretta misura e le donne elette raggiunsero il minimo storico. Cominciò così a delinearsi la battaglia politica sulla rappresentanza. Tra le donne organizzate c’erano posizioni diverse: chi pensava che fosse opportuno fare pressione sui partiti, chi puntare sulla relazione con le donne elette, chi riteneva quella battaglia di retroguardia e sostanzialmente inutile.

L’Udi decise di rompere con l’idea delle quote come l’unica strada percorribile, infatti uno dei primi slogan fu: sQuotiamo la politica. E per affermare in modo semplice e diretto il principio paritario conia l’espressione 50E50 e pensa a una Campagna.  All’interno della Campagna 50E50… ovunque si decide! fu avviata una raccolta di firme per una Proposta di legge di iniziativa popolare: Norme di Democrazia paritaria nelle Assemblee elettive. Oggetto specifico della Proposta sono le candidature per le competizioni elettorali relative alle Assemblee elettive.

Le donne dell’Udi non avrebbero mai potuto mai raccogliere, da sole, in sei mesi, le 120.000 firme necessarie; aprirono alle altre, alle tante realtà di donne diffuse in Italia e avviarono i  “Centri di raccolta”. I Centri furono l’occasione per tante di fare un’esperienza politica nuova, soprattutto per le più giovani. Organizzare la raccolta delle firme richiedeva: avviare le pratiche necessarie,  stabilire rapporti con il territorio e con le altre, affidarsi a chi ne sapeva di più,  entrare in un progetto più grande del gruppo o dell’esperienza politica a cui si era fatto riferimento fino a quel momento.

Per dare solennità alla raccolta delle firme si decise di partire  il 2 giugno dell’anno dopo;  una data significativa per la Repubblica, ma anche per le donne. I Centri si moltiplicarono rapidamente, diventando il vero motore della raccolta e della Campagna stessa, alla fine ne contammo più di 130.  Alla fine, quando arrivò il 29 novembre, giorno previsto per la consegna in Senato, avevamo raccolto 120.470 firme certificate, attentamente controllate, verificate e inscatolate da un gruppo di volontarie. Un risultato inimmaginabile.

2 pensieri su “dieci anni fa

  1. Pingback: dal diritto al voto al diritto di gareggiare alla pari | scritti per amore per disciplina

  2. Io c’ero e ne sono orgogliosa, e c’erano tante amiche piene di entusiasmo. Abbiamo fatto molte cose su quell’onda….ma…pare..non abbastanza, mi sembra che solo una piccola percentuale di quel messaggio sia passato. Dove abbiamo sbagliato?

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